Motori, Sport
Il mito Lancia e la rivoluzionaria D50 di F1
Lancia: il mito di un marchio nato nel lontano 1906 ed oggi quasi scomparso. Tutti ricordano gli infiniti trionfi della Lancia nei rally: dalla Fulvia Hf Coupè alla rivoluzionaria Stratos. Le Gruppo B: dall’eccellente 037 alla potentissima Delta S4, queste ultime funestate dalle tragedie in cui persero la vita: Attilio Bettega, Henri Toivonen e Sergio Cresto. Da qui la Delta 4WD sino al “Deltona” pluri iridato, coronarono un’epoca da leggenda. Ebbene, se volessimo viaggiare nel passato più remoto del marchio, ricorderemmo le Flaminia, la Aurelia, la Appia, la Flavia, ma soprattutto le Lancia in F1.
Oggi, vorrei parlarvi della Lancia D50 che corse nelle stagioni 1954, 55 e 56, ma prima permettetemi due righe sul grande Vittorio Jano, suo straordinario inventore:
Nato a San Giorgio Canavese il 22 aprile 1891, è stato un progettista italiano specializzato nel settore automobilistico, al cui nome è legata una serie di motori, automobili ed altri veicoli. Di origine ungherese. Il suo vero nome era Victor János. Vittorio si diplomò all’Istituto Professionale Operaio e, nel 1909, iniziò a lavorare presso la STAR dove rimase due anni, contemporaneamente frequentando una scuola serale per disegnatore meccanico. Contribuì ad accrescere il prestigio del marchio dell’Alfa Romeo grazie alla progettazione di una lunga serie di propulsori. Nel 1923, con la mediazione di Enzo Ferrari e dopo una lunga trattativa con Nicola Romeo, passò all’Alfa Romeo, sostituendo Giuseppe Merosi. Successivamente passò alla Lancia dove contribuì alla progettazione, tra le altre, dell’Aurelia. Il 29 marzo 1955 rinunciò alla carica di Direttore Tecnico dell’azienda torinese e pochi mesi dopo, a seguito del ritiro della casa dalle competizioni automobilistiche, Jano venne assunto dalla Ferrari, dove svolse l’ultimo periodo della sua attività.
La D50, una monoposto che rivoluziona la tecnica delle vetture da corsa che introduce soluzioni come i serbatoi centrali per meglio bilanciare i pesi sugli assali, carenature aerodinamiche anticipano il concetto delle cosiddette “pance” in Formula 1. Il motore è ruotato di 8° sull’asse longitudinale per consentire all’albero di trasmissione di passare a fianco del sedile del pilota e non sotto lo stesso. Viene disegnata, addirittura una versione a quattro ruote motrici permanenti, che avrebbe fatto della D50 un “unicum”, ma l’innovazione ipotizzata rimase solo a livello progettuale. Dotata di un compatto V8 con doppio albero a camme in testa e doppia accensione con cilindri a 90°, capace già nella prima versione di superare i 100 cavalli a litro, secondo stime attendibili, la potenza erogata variò da un minimo di 250-255 HP ad un massimo di 265 HP; i regimi di rotazione si collocano tra gli 8.000 ed i 9.000 giri/minuto. La D50 raggiungeva la velocità massima di 300 Km/h.
Le sospensioni sono a ruote indipendenti all’avantreno e a ponte De Dion al retrotreno. Il gruppo frizione/cambio/differenziale è al retrotreno, (il sistema transaxle, contribuisce ad una corretta distribuzione dei pesi tra i due assali). Il cambio, disposto trasversalmente, è a 5 rapporti. La vettura si distingue per un peso piuttosto contenuto, inferiore a quello delle Formula 1 dirette concorrenti: al debutto, la D50 pesa a vuoto circa 620 kg, contro i 690 delle nuovissime Mercedes W196 in versione “normale” (720 kg è invece il peso della versione “carenata”).
QUATTRO RUOTE MOTRICI IN FORMULA UNO: La trazione integrale, ipotizzata in fase progettuale sulla Lancia D50, è vietata dal regolamento sportivo moderno. La Ferrari 312B (che gareggiò nel 1970-71), doveva avere le quattro ruote motrici, ma il progetto naufragò perché la Federazione vietò le 4X4 su spinta di Enzo Ferrari che non sapeva cosa Forghieri stesse preparando in gran segreto. E’ da dire che un tale sistema aggiunge un peso considerevole all’auto (si avrebbero 3 differenziali e più organi meccanici che si potrebbero rompere) inoltre, nessun progettista è interessato a provare la trazione integrale a causa del peso extra e dei problemi aerodinamici che comporterebbe.
La contrapposizione concettuale con le Mercedes che dominavano i Gran Premi con Juan Manuel Fangio è netta. La W196 nasce infatti da soluzioni aeronautiche sviluppate durante la Seconda guerra mondiale dagli aerei da caccia Messerschmitt, successivamente adattate per un uso su vetture da corsa.
Le Lancia D50, dimostreranno, subito fin dalle prime prove in Spagna, che le monoposto di Vittorio Jano vanno forte. Stabili, leggere e molto più rapide in accelerazione delle mitiche Mercedes. All’esordio, Ascari fa il miglior tempo con la media di 164 Km/h e in gara va in testa e guadagna due secondi al giro sugli avversari, prima che un problema tecnico metta fine alla prima corsa della D50. La lancia impiegherà poco a vincere e ad imporre una tecnologia automobilistica davvero rivoluzionaria per l’epoca. L’esperienza nel campo dell’aeronautica di Gianni Lancia la ritroviamo sulla D50, con l’introduzione dei serbatoi laterali che hanno anche una funzione aerodinamica fra le ruote anteriori e posteriori.
La soluzione di questi serbatoi, favorisce la riduzione del serbatoio di coda e il peso a sbalzo che grava sull’asse posteriore, assegnando un migliore bilanciamento in curva. La capienza di questo serbatoio, normalmente di ben 260 litri, scende così a soli 140 e tale alleggerimento permette di ridisegnare la sospensione posteriore. Posizionati a lato scocca, in mezzo al passo, le carrozzerie laterali contengono al loro interno serbatoi in alluminio molto stretti e lunghi, con capacità di 60 litri cadauno. La loro installazione, tiene conto degli scarichi che si estendono dal motore fino alle ruote posteriori, obbligando ad un posizionamento rialzato dei serbatoi laterali. Questa soluzione, innovativa per le monoposto GP, distingue la D50 come una delle vetture più bilanciate e facili da guidare, relativamente al suo periodo storico.
L’altra faccia della medaglia, invece sembra derivare dalla estrema variabilità del centraggio della vettura a seguito del continuo calo del livello del carburante dovuto ovviamente al consumo in gara. La D50 sembra infatti godere di una stabilità che è eccezionale nella marcia a serbatoi pieni ma cala mano a mano che i serbatoi si svuotano.
Ebbene, con il successo al GP di Napoli, la D50 si presenta a Montecarlo con le credenziali per lottare per il Titolo mondiale. Le Mercedes, in testa, devono cedere il passo ad Ascari che, al comando della gara esce di pista finendo in mare ma cavandosela con il solo setto nasale rotto. Destino crudele, il giovedì seguente il Campione italiano perde la vita in un incidente in prova a Monza. La dolorosa perdita di Alberto Ascari, porta Gianni Lancia alla immediata decisione di abbandonare, per sempre, le competizioni di Formula 1 e le corse da Gran Premio.
Con la denominazione Lancia-Ferrari, le D50 vengono portate dalla Ferrari a Monza per il Gran Premio d’Italia di settembre ma non corrono per motivi legati alla marca di pneumatici da utilizzare e chiudono la carriera ad Oulton Park (ottobre 1955) dove ottengono una buona prestazione alla Gold Cup, con Mike Hawthorn secondo alle spalle di Stirling Moss.
Dopo la morte del pilota di punta Ascari (avvenuta con una Ferrari nel corso di una occasionale prova a Monza), la Lancia annuncia la sospensione dell’attività agonistica, evento che avviene pressoché in contemporanea con l’abdicazione di Gianni Lancia. Saranno numerosi i potenziali acquirenti ma, alla fine, Lancia concede alla Ferrari il suo materiale da corsa e la Fiat si impegna ad erogare alla casa modenese, per cinque anni, un contributo finanziario non indifferente (50 milioni di lire all’anno). Per la cronaca, le D50 di Formula 1 donate alla casa modenese sono sei: ad esse vanno aggiunte due scocche di F1, una normale e l’altra carenata (la prima è forse munita di qualche organo meccanico, mentre la seconda ne è probabilmente priva) oltre naturalmente a molti ricambi ed parti meccaniche in genere. Con l’occasione, anche il celebre progettista Vittorio Jano passa dalla Lancia alla Ferrari.
L’anno successivo (1956) le D50, che ormai vengono identificate come Ferrari-Lancia, subiscono modifiche non solo marginali e si aggiudicano il titolo mondiale grazie anche all’apporto dell’argentino Juan Manuel Fangio.
GIOVANNI BONARRIGO – Mail: info@fogliodisicilia.it
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