Motori, Storie di Sicilia
Vittorio Sartarelli: “mio padre, un Campione”
Vittorio Sartarelli, ex bancario (35 anni di onorata carriera), dal 2000 ad oggi ha pubblicato 18 libri che vanno dalla narrativa alla saggistica e cultura generale, ma anche lo sport è tema dei suoi tantissimi scritti di giornalista freelance.
La “perla” di cui ci occupiamo oggi è: di “Francesco Sartrarelli biografia di un Campione Trapanese degli anni ‘50”, che lo stesso Vittorio dedicò alla memoria del padre che definirà “meccanico eccelso, piota di classe e costruttore di auto da corsa”.
Prima di accennare alcune delle trionfali tratti salienti di un’opera peraltro scritta non solo con la “testa” ma soprattutto con il “Cuore”, ci sembra doveroso informare i nostri lettori di quale successo abbia avuto questo “viaggio nella memoria” e quali fra le più importanti testate giornalistiche nazionali ne abbiano esaltato l’alto livello.
Da quanto risulta, il libro, dopo la pubblicazione ha ottenuto una rilevanza inaspettata e impensabile. E’ stato recepito e recensito da riviste nazionali di auto d’epoca come “la Manovella” e “Auto d’epoca” che gli ha riservato quasi 5 pagine con foto. Il libro contiene 90 foto inedite dell’epoca che testimoniano la veridicità di quanto scrive l’autore. Il 14 ottobre del 2006, vince il premio letterario internazionale nella VII edizione del “Premio Giovi-Città di Salerno” per studi e ricerche di microstoria e storia locale, da parte dell’Accademia Vesuviana di Tradizioni Etnostoriche di Somma Vesuviana.
Ma, proprio scorrendo fra le sue righe e le sue immagini rigorosamente in bianco e nero, scopriamo innanzitutto chi era il Pilota-costruttore di auto da corsa degli anni “50: “Francesco Sartarelli nasce il 26 Agosto 1904 a Jesi, allora una cittadina delle Marche in provincia di Ancona. Nel 1913la sua famiglia si trasferisce in Sicilia a Palermo, egli sin da piccolo, mostra la sua predilezione e si sente irresistibilmente attratto dai motori a da tutto quanto concerne la meccanica”.
Soffermarsi sulle suggestive e nostalgiche foto, è quanto di più bello possa verificarsi per un lettore appassionato di storia di Sicilia e di Motori. Della mitica Targa Florio al del Giro di Sicilia, – ma Francesco correrà anche in moto (su Guzzi 500) -, il personaggio-pilota si fonde perfettamente con il “modellatore” della sua stessa auto da corsa e con essa cresce, anche a costo di sacrifici anche economici.
“Tra il 1929 ed il 1930 si trasferisce a Trapani, la filiale Fiat DAZI, Concessionaria per le vendite delle città cerca un capo-officina capace ed esperto per dirigere e seguire il servizio di assistenza ai clienti e Francesco, con l’ottimo curriculum e le ottime referenze dell’Officina Ravetto, ottiene l’incarico che terrà per qualche anno”.
Siamo quasi alla fine del 1948. La macchina da corsa di Vittorio ha un telaio a traliccio e sospensione posteriori a ruote indipendenti: “Francesco decide di partire per il continente, andrà a SIATA, porta con se un vecchio motore di Topolino A e, ad operazione conclusa ritorna finalmente, con un motore da corsa smontato e imballato nelle casse”.
Fra le tantissime gare, ricordiamo nel 1953 quella in salita “Passo Rigano – Bellolampo”. Intanto, già all’epoca, la ricerca dell’aumento delle prestazioni passava anche dalla modifica della scatola del cambio, di “bialbero” (motore a doppio albero a camme in testa), e persino di quella forma della carrozzeria che penetra il vento. Oggi la chiameremmo CX (coefficiente di penetrazione aerodinamico delle vetture). La rivoluzione della vettura è infatti non solo tecnica ma anche estetica.
“E così Francesco, si mette al lavoro, deve dotare il cambio della sua macchina di nuovi rapporti, più consoni e soprattutto più frazionati, per meglio assorbire e sfruttare la potenza del motore, che a volte metteva in crisi gli organi meccanici deputati alla trasmissione”.
La straordinaria passione, che talora travolge taluni individui tanto da indurli a profondere tutto sé stessi talora nella creatività e nell’inventiva, talora nel rischio più estremo, è qualcosa che travalica lo spazio-tempo. Se un secolo fa, tale Vincenzo Florio ebbe a dire: “Continuate la mia opera perché l’ho creata per sfidare il tempo”, allora possiamo comprendere come un figlio decida di ripercorre raccontando la passione di un padre. Tutti noi, siamo invitati quì a prendere posto su una immaginaria “macchina del mempo” che ci condurrà su strade polverose percorse da bolidi d’acciaio e applaudite da folle straripanti di una Sicilia che, guardando al proprio presente, mai dimenticherà il proprio passato.
Un Commento
Vittorio Sartarelli
Avere l’opportunità e la soddisfazionre di vedere e leggere su “Il Foglio di Sicilia” un autorevole e cqualificato giornale siciliano, più che una recensione, un attento e profondo commento, su di una mia pubblicazione di circa venti anni fa, mi riempie d’orgoglio e di meritata soddisfazione. Pur avendo avuto , in passato, soddisfazioni simili, tuttavia, la cosa è sempre eccitante e continua ad essere per me quella molla a non lasciare che si esauirisca la mia capacità di esprimermi nei miei racconti, quali che essi siano e ripercorrere con la mente e con il cuore, eventi situazioni e persone che hanno costituito per me, tutto un mondo di ricordi che non mi hanno mai abbandonato. Questo libro su mio padre che è stato il mio trampolino di lancio nel campo della letteratura e degli scritti, ha sempre rappresentato per la mia vita una cosa necessaria e una pietra miliare della mia storia di scrittore. Ricordare e far conoscere a tutti la figura di quest’uomo, oltre ad essere un dovere filiale e sociale è stato dettato dai rapporti profondi sopra i quali si sono sempre fondati, sul rispetto, l’ammirazione, la fiducia ed infine, l’affetto filiale che mi hanno legato al mio genitore. In conclusione, quello che mio padre è riuscito a realizzare, in un periodo storico particolare ed in una situazione ambientale critica, per la sua eccezionalità, qualità tecnica, inventiva prograssuale e capacità umane e morali, non poteva opassare inosservato. La riprova di quanto affermo è acclarato dall’effetto che ancora provoca in chi legge il mio libro che prova sempre le medesime emozioni per cose che sono accadute circa settanta anni fa.
Io ringrazio moltissimo l’amico Giovanni Bonarrigo che ha ha voluto donarmi quest’altra molto gradita soddisfazione condividendola affettuosamente, Grazie di Cuore Giovanni!